10/2023

Sindacato Indipendente Banca Centrale
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E' bastata la prima puntata sulla (im)mobilità nell’area manageriale per suscitare una replica alquanto stizzita da uno dei firmatari, che volle con gran passione la riforma del 2016 assieme a CIDA e DASBI. Peccato, perché a diversi colleghi la nostra operazione-verità sembrava meritoria, quindi... continueremo. In attesa, quindi, delle prossime “succulente” puntate di Better Call SIBC o come lo vogliono chiamare, rimandiamo la CISL all’ultimo episodio nel quale (come scritto chiaramente fin dall’inizio) formuleremo anche proposte concrete di revisione di questo accrocco pro-dirigenti. E adesso, bando alle ciance: ecco a voi la seconda puntata in materia di “utilizzi” del personale.
Guardiamo ai negoziati, sviluppatisi dopo la firma dell’accordo IPCA, su argomenti come incentivi previsti dal Codice appalti (RUP/DEC), regolarizzazione contrattisti (passaggio a ruolo altrimenti sembra che erano irregolari), istituzione di turni pesanti (notturni) presso il settore SOC del Servizio GES.

Sugli incentivi del Codice appalti, la negoziazione era “pro-forma”: sia perché si tratta di misure legate da specifiche previsioni di legge, sia perché derivante da un testo già lavorato per due anni da una commissione tecnica che di volta in volta aggiornava le previsioni rispetto alla normativa esterna che cambiava.
L’effetto principale della Riforma dalla carriera manageriale del 2016, voluta da CIDA-CISL-DASBI, è stato quello di erigere un robusto muro fra il paradiso dei Direttori e il purgatorio di Consiglieri ed Esperti, regalando alla Banca il potere di ridurre unilateralmente prospettive reddituali e di carriera di tanti di loro.

Abbiamo già evidenziato che nel 2023 il taglio del budget degli avanzamenti economici (livelli) - che grazie alla “riforma” l’Amministrazione può ridurre senza alcun vincolo normativo (!!) - ha per la prima volta abbassato sotto il 10% l’aliquota di Esperti e Consiglieri che hanno ricevuto uno scatto economico al primo anno.
Per poter guardare al futuro, e immaginarsi migliore, la Banca dovrebbe partire dal guardarsi allo specchio. Riscoprire chi siamo, per sapere dove andiamo.

Guardiamo al personale dell'Istituto. Da decenni, si entra da laureati a ogni livello, anche quelli più bassi nella gerarchia. Anche chi non lo è, ha ormai maturato un’esperienza lavorativa di assoluto rilievo, spesso raggiungendo anche significativi traguardi professionali.
Mai come oggi, quindi, livelli di istruzione, capacità professionali, attitudini lavorative sono state così omogenee all’interno del personale.
Se, per una volta, la Banca “fa la cosa giusta” in materia di lavoro da remoto, non ci facciamo scappare certo l’occasione di dirlo.
Chi ci conosce sa che non risparmiamo critiche verso l’Amministrazione, ogni volta che fa di tutto per meritarle: molto spesso, quindi. Ma chi ci conosce sa anche che non siamo i professionisti del “va sempre tutto male, sempre e comunque”. La credibilità e la serietà dell’impegno sono la nostra forza, e quindi ben volentieri segnaliamo una notizia positiva, quando c’è.

La notizia è la pubblicazione delle nuove FAQ sul lavoro da remoto, che - sia pure a mesi di distanza da quando ponemmo il problema - risponde positivamente alle nostre osservazioni puntuali sul “buco applicativo” delle norme sul modello ibrido, in particolare per i casi in cui patologie di rilievo del dipendente, o dei familiari stretti, sorgono (o sussistono) in situazioni nei quali ci si trova ad aver esaurito il massimale annuale.
Se la Banca d’Italia fosse un posto dove è possibile ragionare in modo concreto sulle cose, invece di lasciare campo libero a ideologie e marketing contrapposti, molte cose funzionerebbero meglio.
Questo è il primo messaggio che vogliamo recapitare al nuovo Governatore: è necessario scrollarsi di dosso incrostazioni che bloccano tutti (lato azienda e lato sindacale) in ruoli predefiniti e immutabili.

Esemplare il caso del modello ibrido di lavoro, frutto di un accordo che aveva certamente difetti e mancanze, ma che è bene i colleghi sappiano essere ancora il punto di riferimento non solo nel panorama delle pubbliche amministrazioni italiane, ma anche delle banche centrali europee.
Chi ci conosce sa che non siamo quelli delle “quote rosa”. Non siamo quelli delle lamentazioni retoriche che non hanno alcun fine concreto diverso dalla costruzione di un’immagine (marketing, insomma).

Tuttavia, a volte fatti tra loro diversissimi convergono per illuminare la nostra realtà.

Partiamo dal premio Nobel per l’economia. No, curiosamente non l’hanno dato agli amici di Mussari (Mps), né ai professionisti dei moniti inconcludenti per segnalarsi sui giornali (marketing, insomma).
L’hanno assegnato a una donna, un’economista statunitense, Claudia Goldin, per i suoi studi sul mercato del lavoro femminile nei secoli e sulle cause del divario di genere anche in campo salariale.
Figuriamoci se le cose fossero davvero così semplici: in Banca, poi...
Però, non è proprio casuale che la crescita delle retribuzioni di tutto il personale (sia pure parziale rispetto al reale andamento del costo della vita) sia coincisa con una nuova stagione di crescita del SIBC che ci ha portato, per la prima volta nella nostra storia, a diventare il secondo sindacato della Banca d’Italia.

Nei mesi scorsi, non tutti lo sanno, la Banca ha espresso più volte una forte insofferenza per il modello contrattuale, la cui prassi applicativa ormai consolidata la vincola a riconoscere nelle buste paga l’aumento dell’IPCA.
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