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Non è il caso di prendersela con chi scribacchia su giornaletti di modesta importanza una serie inesauribile di dati errati e omissioni che la metà basterebbe, in un Paese normale, a levargli il patentino di giornalista.
Siamo in Italia, suvvia.

Chiediamoci invece perché viene sparata ora, non una settimana fa, o un mese fa, o quando è uscito il bilancio della Banca, la sciocchezza sullo "stipendio medio" di 149.039 euro.

Chiediamoci soprattutto perché la Banca d'Italia non interviene con un comunicato pubblico in cui spiega l'abc a rettifica per tutte le testate online che hanno ripreso l’articoletto, magari evidenziando che in Banca parecchi colleghi hanno stipendi pari a un sesto di quella somma, parecchi altri pari a un quinto, altri (più fortunati?) pari a un quarto. In Area Manageriale, "privilegiati" che non sono altro, molti hanno un terzo di quella cifra.
Uno degli effetti deleteri del piano di sottosviluppo delle Filiali presentato dalla Banca è sicuramente quello di rimuovere dal tavolo altri negoziati. Effetto deleterio quanto voluto, viene da pensare.

Indovinate infatti qual è il primo incontro che viene convocato dopo il discutibile show del 2 ottobre, sulla riorganizzazione delle Filiali? Un’altra riorganizzazione, stavolta non di Filiali ma di un Dipartimento dell’A.C. (Mercati e Sistemi di pagamento), come si può notare dal fatto che in questo caso non ci sono tagli e chiusure, ma... l'aggiunta di un Dipartimento.

Siamo a 20 giorni dall’ultimo incontro negoziale (sull’Area Operativa) e a 23 giorni da quello su IPCA ed Efficienza aziendale.
Troppo spesso, negli anni, i colleghi si sono sentiti soli.
Accade sempre, quando non ci si riconosce nelle scelte della Banca. Quando si è soggetti a discriminazioni gestionali. Quando si guarda al futuro con angoscia, perché in Banca nessuno di quelli che prendono decisioni ci mette la faccia e assume impegni con il personale.
Questi colleghi devono sapere che il Sindacato c’è.

Il Sindacato c’è, dice quello che pensa e agisce di conseguenza.
Lo facciamo sempre, e non ci sottraiamo certo sulla vicenda delle Filiali.
Il progetto della Banca non guarda al futuro, ma è solo il frutto di una cultura vecchia e rinunciataria, è in contraddizione con gli obiettivi dichiarati di sviluppo e rilancio della rete territoriale, realizzando e creando i presupposti per una rilevantissima contrazione della presenza della Banca.
Questo progetto fa pagare al personale gli errori strategici compiuti in passato.
Con questo progetto, la Banca colpisce, insieme alla rete territoriale, il personale operativo, la parte bassa dell’Area manageriale, le prospettive di modernizzare l’orario di lavoro.
L’Amministrazione ha iniziato il 2024 esattamente come aveva concluso il 2023: latitante.

Nessuna sorpresa: la latitanza è ormai la cifra stilistica di questa Amministrazione, che va da aspetti di dettaglio ai grandi temi irrisolti.

Siamo riusciti ad arrivare ultimi nell’attuazione della sentenza che ha cassato le fasce di reperibilità extra-large per i pubblici dipendenti, e che invitava ciascuna Amministrazione ad adeguarsi a quelle vigenti nel settore privato (10-12, 17-19). Messaggio arrivato in CAD, col fiatone, il 29 dicembre, ultimo giorno lavorativo dell’anno.
E’ davvero il caso di dare il benvenuto in Banca d’Italia e augurare buon lavoro alla neo Vice Direttrice Generale, Chiara Scotti, nominata ieri dal Consiglio Superiore della Banca d’Italia.

Sia chiaro: siamo convinti che anche al nostro interno (più spesso lontani da quelli papabili per grado, ndr) ci fossero colleghi con straordinarie doti di saggezza, equilibrio, competenza e capacità che avrebbero potuto ridare ricchezza e sensibilità al Direttorio attuale.
Per lavorare in Banca d’Italia, sono richiesti requisiti molto elevati. Di solito, la laurea, con una votazione molto elevata, oppure il diploma e la triennale (sempre con votazioni rilevanti), ecc.
Anche i sindacalisti in Banca dovrebbero possedere i medesimi requisiti, essendo dipendenti come gli altri - salvo che l’anno di ingresso in Banca non avesse alleviato il gravoso compito di eccellere in elevati percorsi di studi.

Si presume, in ogni caso, che nessuno abbia soverchie difficoltà a comprendere testi scritti, o a far di conto.
Per capire dove va il mondo, e dove va la Banca d’Italia, è sufficiente analizzare i temi spinosi della modalità di lavoro e del tempo di lavoro.

Il mondo e l’Italia vanno in una direzione ben precisa.
Uno: conta il lavoro e non dove lo si fa.
Due: conta il lavoro e non la pretesa di distribuirlo per forza su cinque giorni a settimana, aventi stesso orario e stesso tutto.
Una rivoluzione, no? La possibilità di liberare tempo, o giornate dal lavoro e migliorare così le condizioni dei lavoratori era già nel pensiero di Marcuse, filosofo di scuola marxista quasi un secolo fa. Lo attua oggi, fra gli altri in giro per il mondo, anche il governo Meloni, di natura conservatore: “il governo spinge su smart working e settimana corta”, scrive pure Repubblica.
Mettiamola così: in Banca, a certi livelli, di gente che dice (o scrive) le cose che pensa ce n’è pochina. Capita però, per uno scherzo del fato, che a furia di credersi infallibili e intoccabili, si faccia qualche errore, mettendo nero su bianco quel che non si potrebbe. I piani alti del Servizio Organizzazione, nei giorni scorsi, hanno diramato una serie di slides per stampigliare la mission aziendale nella mente dei vari sottoposti.

Vi è riportato, infatti, che uno dei punti chiave della mission aziendale è “MASSIMIZZARE LE RISORSE RETROCESSE ALLO STATO”.
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