8 marzo, in Italia e in Banca d'Italia Resiste la cultura più antiquata
Pubblicato in 8 marzo · Venerdì 07 Mar 2025 · 6:30
8 marzo,
in Italia e in Banca d'Italia
Resiste la cultura più antiquata
Dal 1977, l’8 marzo è stato dichiarato dall’ONU “Giornata delle Nazioni Unite per i diritti delle donne e la pace internazionale”. Come abbiamo già raccontato negli anni passati, in realtà in Italia è già dal 1946 che, grazie all’Unione Donne Italiane (UDI), l’8 marzo è un appuntamento fondamentale nel lungo cammino verso la parità tra i generi.
Siamo poco inclini alle celebrazioni di vuote ricorrenze, ma la giornata dell’8 marzo, oggi più di ieri, offre l'opportunità di ricordare le conquiste sociali, economiche e politiche ottenute nel tempo e di richiamare l'attenzione su temi cruciali come la parità di genere, le discriminazioni e la violenza contro le donne. È un'occasione per riflettere sui progressi raggiunti, sollecitare ulteriori cambiamenti e rendere omaggio al coraggio e alla determinazione di tutte quelle donne che hanno lasciato un segno nella storia. Per chi volesse approfondire la storia in Italia e non solo sulla lotta dell’emancipazione femminile, consigliamo di andare sull’apposita pagina di Rai Cultura dedicata all’8 marzo (https://www.raicultura.it/webdoc/otto-marzo/index.html#welcome ).
Ancora nel 2025, infatti, ci troviamo a parlare di “povertà di genere” ovvero quel fenomeno che si riferisce all’esperienza delle donne di essere colpite dalla povertà in misura più che proporzionale rispetto agli uomini, a causa di numerosi fattori socioeconomici che limitano la loro partecipazione al lavoro e aumentano il pericolo di vulnerabilità finanziaria. In Italia, in base al Gender Equality Index (GEI), il rischio di povertà per le donne è del 20% a fronte del 18% degli uomini.
Questo squilibrio è radicato in una serie di barriere strutturali che vanno dalla ineguale partecipazione al mercato del lavoro, alla sbilanciata distribuzione delle responsabilità di cura all’interno delle famiglie, causando carriere interrotte e guadagni inferiori nel corso della vita. Inoltre, la discriminazione di genere sul lavoro e il mancato accesso a servizi per l’infanzia di qualità contribuiscono ad aumentare i tassi di disoccupazione femminile.
Eclatante è la differenza, nel nostro Paese, tra donne e uomini nella partecipazione al mercato del lavoro. Pur avendo raggiunto livelli record, il tasso di occupazione femminile nel 2023 in Italia si è attestato al 56,5% (la media UE è del 70,2%) a fronte del 76% degli uomini.
A questo fa seguito un importante divario retributivo tra i due generi, che a fine 2023 secondo l’indagine annuale di ODM Consulting, si è attestato al 10,7% in termini di RBA (retribuzione fissa mensile). Si aggiunga infine che l’Italia è in coda alla classifica dei Paesi UE per i servizi offerti all’infanzia, con un numero di posti offerti nelle strutture pedagogiche molto basso e che alimentano, per le donne madri, il fenomeno della child penalty.
Le cause sono note, e si conoscono anche le possibili soluzioni – incremento delle strutture per la cura dell’infanzia, congedi parentali più generosi per i padri, rimodulazione della tassazione sul reddito delle famiglie – i lenti progressi che si registrano dipendono sì da vincoli di bilancio pubblico complessi da superare, ma anche dalla persistenza di una cultura antiquata e spesso discriminatoria che non viene scalfita nemmeno dalla novità storica della prima Presidente del Consiglio donna.
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Ma se questa è, ancora oggi, la condizione della donna nel Paese, come ci posizioniamo come Istituto, che spesso si fa inopinatamente bello di politiche di inclusione e parità?
Purtroppo ci posizioniamo male. La situazione interna alla Banca d’Italia, come risulta dall’ultima Relazione della Commissione Pari Opportunità (CPO) nei fatti non si differenzia di molto da quella esterna.
Il tasso di occupazione femminile in BI è da anni ormai inchiodato intorno al 37,5%. Il seppur lento ma costante aumento registrato in passato, dal 2020 si è ormai interrotto. Non è migliore il tasso di ingresso femminile: nell’ultimo decennio, solo il 35% in media dei neoassunti è donna. Un dato che contrasta fortemente invece con i dati delle neolaureate italiane che nelle materie economiche (56%) e giuridiche (65%) – le più rilevanti per entrare in Banca – mostrano percentuali sempre superiori a quelle maschili.
Sempre dalla Relazione 2024 emerge che in Banca continua a persistere anche il divario retributivo tra donne e uomini, che va da un minimo del 2% per la retribuzione meno influenzata da fattori discrezionali all’8,4%, per la retribuzione che tiene conto di elementi come le missioni. Anche se nel decennio vi è stata una riduzione, anche marcata, del divario, non si può certo essere soddisfatti.
Non è migliore la situazione per le donne nella progressione di carriera. Il target del 33% previsto per i Direttori non è stato raggiunto; dal 2022 il tasso di presenza di donne nel grado è fermo al 31,5%. Anche per il passaggio a Consigliere le donne si confermano penalizzate, con un tempo di permanenza nel grado di Expert maggiore dei loro colleghi uomini, che nel 2023 si presenta molto marcato: 9,2 anni per le donne a fronte di 6,8 anni per gli uomini.
Questi dati ci impongono pertanto di continuare ad impegnarci per raggiungere in Banca nel prossimo quinquennio la piena parità di genere, in coerenza con gli obiettivi definiti nell’Agenda 2030.
Purtroppo, alle difficoltà che finora hanno rallentato il processo all’interno dell’Istituto, altri fattori negativi rischiano di aggiungersi, rimettendo in discussione importanti conquiste.
Un primo elemento è l’incertezza sulla continuità del servizio della scuola dell’infanzia sulla piazza romana che potrebbe non essere assicurato per il prossimo anno pedagogico, con il rischio di una chiusura permanente. A fronte delle rassicurazioni verbali del Vertice, tramite il Capo Dipartimento Risorse Umane e quello agli Immobili, sulla piena ripresa del servizio per l’anno pedagogico 2026-27 con un altro gestore, a fronte dell'impegno sbandierato per trovare "soluzioni-ponte" per l’anno 2025-2026, il tempo passa e ancora una risposta non arriva sulle soluzioni proposte dal Comitato Genitori.
Un secondo elemento di preoccupazione è il mancato rinnovo da parte della Banca dei suoi rappresentanti nella Commissione Pari Opportunità, il cui mandato si è concluso a fine del 2024 e che sta paralizzando l’attività della Commissione, ritardando l’avvio dei lavori, con evidenti danni alle colleghe e alle altre situazioni su cui la CPO interviene.
Non è la prima volta che accade. Già in passato, la CPO non venne messa in condizione di funzionare per circa un decennio. Fu necessaria la nomina a Governatore di Mario Draghi a far ripartire i lavori della Commissione, che in questi anni - pur tra rilevanti manchevolezze, omissioni, ritardi - hanno fornito un importante contributo di conoscenza sulla condizione femminile in BI e a raccomandazioni per raggiungere gli obiettivi di parità, che, a parole, il Direttorio dice di condividere.
Le cause della condizione femminile in Banca sono note – specie dopo oltre dieci anni di Relazioni dettagliate - le soluzioni da adottare si conoscono, ma se i progressi continuano ad essere lenti, o addirittura si torna indietro, ciò non può che dipendere dalla persistenza di una cultura aziendale antiquata e spesso discriminatoria che non viene scalfita neanche con due donne nel Direttorio.