La Banca d'Italia e l'appalto per la gestione del contante
Pubblicato in gestione_del_contante · Mercoledì 26 Lug 2023 · 4:45
La Banca d'Italia e l'appalto per la
gestione del contante
Sappiamo, per averlo appreso da alcuni quotidiani a diffusione nazionale, che uno fra i più noti service operanti nell’ambito della gestione del contante e, pertanto, oggetto dell’azione di vigilanza della Banca d’Italia, è stato sottoposto dalla Procura di Milano alla misura dell’amministrazione giudiziaria per una condizione di sfruttamento dei lavoratori, che “sarebbero retribuiti con stipendi al di sotto della soglia di povertà e sproporzionati rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato”.
La stessa Procura, nello scorso giugno aveva adottato la medesima misura nei confronti di un altro operatore del settore.
Probabilmente per evitare analogo destino, i giornali informano che un altro fra i principali service operanti nel ciclo del contante, il Gruppo Battistolli, ha rivisto la propria decisione di applicare ai propri dipendenti un contratto di categoria siglato dall’UGL che prevedeva lo stesso misero trattamento.
Pur considerando che si tratta dei maggiori player del settore con i quali i colleghi delle Divisioni GSP hanno quotidiani rapporti di lavoro, le notizie non ci hanno colto del tutto di sorpresa.
Noi non sappiamo se i lavoratori interessati da tale riprovevole trattamento economico siano quelli addetti alla gestione del contante, attività sulla quale la Banca d’Italia, per certi aspetti, è chiamata a vigilare, ma la domanda che ci facciamo, e che in ultima analisi va posta alla stessa Banca d’Italia, e a chi ha la responsabilità di tale vigilanza, è: “A chi viene affidato il contante degli italiani?”.
E che la domanda non ponga un problema secondario si comprende dalla rilevanza dei rischi cui ancora una volta la Banca d’Italia si è esposta.
Pur considerando che il nostro Istituto è chiamato a presidiare, con riferimento ai service del contante, i soli aspetti legati al ricircolo delle banconote e al rischio di riciclaggio, ci chiediamo come si farà a spiegare all’Eurosistema, alle imprese, all’opinione pubblica e ai lavoratori del settore che - nonostante la pletora di norme emanate recentemente dalla Banca d’Italia in tema di requisiti professionali, di onorabilità e organizzativi per i gestori del contante - il comparto poggi su soggetti suscettibili di pesanti interventi giudiziari.
La Banca d’Italia annovera fra i propri compiti quello di gestire e alimentare un elenco degli operatori non finanziari che gestiscono il contante e, con questo, rendere noti al pubblico e al mercato i soggetti dotati di requisiti di idoneità a partecipare attivamente al ciclo del contante.
Questo elenco si è sostanzialmente tradotto in un flop: dei 31 operatori iscritti a partire dal 2020; attualmente ne restano solo 19, fra i quali quelli colpiti dalle misure di amministrazione giudiziaria.
Dunque, attraverso la previsione di un complesso sistema di costosi adempimenti è stato in poco tempo spazzato via un sistema di imprese piccole e medie che operavano, sia pure con una serie di difetti, nell’ambito del ciclo del contante favorendo, di fatto, ad un mercato sostanzialmente oligopolistico, affidato a pochi attori privati che in ampie aree del Paese operano in regime di monopolio, e della cui solidità e affidabilità abbiamo sempre dubitato.
Il SIBC da anni contesta che gestione e custodia del contante versato da imprese e cittadini alle banche siano esternalizzate ai service con l’incoraggiante consenso della Banca d’Italia, sia per alcune indebite appropriazioni emerse anche a seguito delle nostre ispezioni, sia per le gravose condizioni spesso imposte dalle banche alle aziende della vigilanza armata e trasporto valori, con inevitabili conseguenze sugli emolumenti dei loro dipendenti.
E allora, come può consentirsi la partecipazione a un ciclo vitale come quello del contante a operatori tanto facilmente soggetti a provvedimenti giudiziari come quelli ricordati?
Risulta evidente che la crisi degli operatori del comparto non solo ha ricadute di tipo reputazionale nei confronti dei soggetti che sarebbero chiamati allo svolgimento dell’attività di vigilanza, ma è suscettibile di incidere negativamente sull’adeguata distribuzione del contante sul territorio.
E ciò innesca un ulteriore dubbio: è stata pagante la politica di affidamento di larga parte del circuito del contante, ivi incluso il ricircolo delle banconote, a soggetti privati ponendo in secondo piano, in questo campo, il ruolo stesso dell’Istituto attraverso la chiusura di alcune filiali e la minimizzazione delle attività delle restanti?
Risulta evidente che l’attività normativa svolta in argomento si sia tradotta in una condizione di superfetazione accompagnata, in sede di richiesta di autorizzazione, dallo scambio di copioso materiale fra i soggetti richiedenti l’iscrizione e la Banca d’Italia, in quanto autorità preposta ad esaminare tutta questa documentazione, con risultati ora sotto gli occhi di tutti: non ci ha guadagnato certo l’industria, se è vero che l’elenco annovera soggetti della cui affidabilità sarebbe legittimo dubitare; non ci ha guadagnato il mercato che, giustamente, dovrebbe nutrire dubbi sulla futura capacità di questi soggetti di fornire adeguati servizi di trasporto, custodia e gestione del contante; non ci hanno certo guadagnato i dipendenti di questi operatori (ma questo non era neanche contemplato) .
Possiamo però immaginare che almeno chi ha ideato e strutturato questo sistema con la sostanziale esternalizzazione della lavorazione del contante, rendendolo oggi quantomeno debole, attaccabile e poco efficace, ne abbia tratto qualche vantaggio personale: almeno qualche bella promozione ci sarà stata, suvvia.
Onore al merito.