L'ibrido tra freno e retromarcia
L’ibrido tra freno e retromarcia
Sul modello di lavoro ibrido, l’ultima cosa che I colleghi devono fare è assuefarsi al silenzio coordinato dell’Amministrazione e di parecchie organizzazioni sindacali, ancorché firmatarie dell’accordo di dicembre 2021.
Il manovratore, anzi, i manovratori vanno disturbati. Non perché ci diverta disturbare, ma perché i diritti vanno tutelati, gli accordi vanno rispettati, gli impegni vanno onorati. Sempre.
Mancano 40 giorni alla scadenza del primo anno di vigenza del nuovo modello ibrido, entrato a regime il 1° aprile dello scorso anno. L’accordo prevedeva cosucce interessanti: sono state fatte?
A partire dalla suddivisione delle divisioni in fasce : la Banca “aggiornerà periodicamente l’elenco delle unità di base dove il lavoro da remoto si può svolgere con un limite di 50 giornate all’anno o in cui si svolgono in maniera esclusiva o preponderante processi e attività non lavorabili da remoto. Il primo aggiornamento sarà effettuato entro un anno dall’entrata in vigore del presente accordo”.
Ecco, fermo restando che entro un anno in italiano non significa per forza “il 365° giorno” ma in bankitaliese sì, è doveroso informare per tempo il personale e i gestori sulle scelte che vengono prese. Come noto, un questionario è stato somministrato da GEP e ORG ai Capi (un questionario velatamente intimidatorio): è dato sapere cosa è emerso? Cosa hanno risposto i Capi “nel segreto del confessionale”? A quali conclusioni sono giunte le “funzioni centrali” rispetto alle Divisioni GSP e alle Segreterie delle Filiali, che sono l’anomalia più grande e odiosa che ha caratterizzato questo primo anno di applicazione?
Il famigerato questionario è stato anche usato come pietra d’inciampo per giustificare il freno imposto dal Vertice delle Risorse Umane, ossia dal Direttorio, al passaggio alla fascia 12-120 che numerosi Servizi e Direttori di Filiale avevano il diritto di disporre dal primo giorno, e molti comunque erano pronti a farlo sulla scorta di risultati estremamente favorevoli del lavoro da remoto, sia in termini di produttività che in termini di miglioramento del clima aziendale. Obiettivi che il Vertice evidentemente ritiene importanti solo a parole, ma si guarda bene dal perseguire, al punto da impedire l’esercizio di poteri che - da Regolamento del Personale - sono attribuiti in via esclusiva ai “Capi Servizio, sentiti i Capi Divisione”.
Sul punto, non dimentichiamo che i Vertici delle Risorse Umane avevano assicurato, a fine novembre, che dal 1° gennaio sarebbe stato "liberato" il passaggio alla fascia 12-120. Delle due l’una: o non sapevano cosa dicevano, oppure il Direttorio li ha poi smentiti dando input contrari, senza che nessuno si sia dato pena di spiegare perché e percome.
Quando avremo certezza formale della restituzione dei poteri ai Capi dei Servizi e delle Filiali?
Ulteriore esempio: l’Amministrazione aveva assunto l’impegno a non abbandonare i colleghi addetti nelle divisioni a minore delocalizzabilità (per le quali abbiamo chiesto nuovamente, anche nell'incontro sull'efficienza aziendale, una specifica indennità che compensi le ridotte libertà di scelta sulla prestazione lavorativa). Esisteva anche un impegno : “Nei primi due anni di applicazione del sistema, saranno favoriti piani di rotazione e mobilità del personale, che terranno conto anche delle preferenze individuali espresse per cogliere le opportunità di accesso al lavoro da remoto in un’ottica di ampliamento e sviluppo delle competenze professionali” Che ne è stato? A quanto ci risulta, anche sulla scorta del nostro sondaggio condotto nel mese di dicembre, si contano sulle dita di una mano i casi di persone che sono state allocate diversamente per “cogliere le opportunità di lavoro” connesse alle preferenze. Per tutti gli altri, porte chiuse con la scusa degli “organici che non lo consentono”.
Come si nota, molti aspetti potrebbero migliorare in modo decisivo, se solo si applicassero le regole, una a una, in modo onesto e trasparente. Il SIBC lavora per questo!
D'altro canto, ci sembrava che il modello fosse chiamato ibrido perché unisce lavoro in presenza e da remoto, non perché contraddice le belle parole con un’infinita pavidità.