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Lavoro da remoto, chi ce l'ha e chi no

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Lavoro da remoto, chi ce l'ha e chi no

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Pubblicato in smartworking · Lunedì 15 Lug 2024 · Tempo di lettura 3:00
Palazzi chiusi, compensazioni intelligenti, ministri pensanti
Lavoro da remoto, chi ce l'ha e chi no: perché la verifica serve a tutti

In attesa che la Banca si attivi per “verificare” l’accordo su lavoro da remoto e modello ibrido, verifica dovuta in questo secondo semestre,  si affacciano sempre nuovi esempi, interni ed esterni, per dimostrare  la ragionevolezza delle nostre richieste di rivedere alcuni aspetti.

Esempio interno: nel corso dell’estate, diversi edifici della Banca saranno chiusi per risparmiare: chi per una, chi per due, chi addirittura per tre settimane.

Logica vorrebbe che i dipendenti addetti in quegli  edifici, che avevano programmato di lavorare in quelle settimane (i  piani ferie sono stati richiesti da quel dì!), potessero quindi lavorare da casa non consumando il proprio budget, ma con giornate speciali (della serie: tu fai un favore a me, io ne faccio uno a te).
Invece no: chi lavora da casa, deve attingere dal proprio budget. Come unica alternativa può lavorare “in presenza remota”, intrufolandosi in altri selezionati palazzi di Banca, distanti chilometri, e lavorando così isolati tanto quanto a casa, ma sotto l’occhio vigile delle sacre mura di Banca.

Certe  cose fanno ridere e fanno piangere al tempo stesso: potremmo però  considerare questo come un esempio - per tutte le parti in causa - che non farebbe male a nessuno affrancarsi da rigidità che portano solo a risultati irrazionali.

E questo riguarda i casi positivi: quelli di chi il lavoro da remoto può farlo.
Poi ci sono i casi in cui il lavoro da remoto è ridotto a casi sporadici. E’ utile, a tal fine, sbirciare all’esterno delle suddette mura di Banca. Banca Sistema (quotata in Borsa, ndr) prevede che “ai  dipendenti della Banca che svolgono interamente il loro lavoro in  presenza è riconosciuta una speciale assegnazione di credito welfare per  compensare i maggiori costi di trasporto e pasto sostenuti nel tempo”.

Banca Sistema, con questa soluzione, mostra due pregi: riconosce il problema, e lo affronta concretamente.
La Banca d’Italia, con l’accordo 2021, riconosceva anch’essa il problema (dopo reiterate insistenze…), ma lo ha affrontato con un impegno formalizzato ma non mantenuto: assicurare rotazioni e mobilità del personale per evitare discriminazioni tra colleghi.

Posto che è sotto la luce del sole che quell’impegno non è stato onorato, è urgente voltare pagina e trovare soluzioni e compensazioni concrete e certe.
Nell’esempio citato, si interviene con una maggiorazione del credito welfare.
Altrove con congedi di tipo aggiuntivo, commisurati alla penalizzazione che si subisce.
In altri settori della stessa Banca d’Italia, restrizioni dei diritti sono compensate direttamente sul piano economico.

Si tratta semplicemente di applicare un principio che dovrebbe valere in ogni settore: non esistono dipendenti di serie A e di serie B.
Sanare le storture di un sistema dovrebbe essere interesse di tutti, ma bisogna essere conseguenti.

Il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, che ha capito quanto fosse sciocco il limite della maggior presenza in ufficio imposto dall’allora ministro Brunetta, proporrà uno smart working «più aperto», che per alcune categorie potrebbe arrivare ad essere «totale»: ad esempio per i genitori con figli fino ai 14 anni; o per quelle categorie di lavoratori definiti «fragili», con condizioni di salute precarie ma in grado di lavorare.

Se ci è arrivato il Governo, non ci arriva la Banca d'Italia? Ognuno faccia il suo.


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