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Un pavone di nome RITA - Previdenza complementare e proposte a perdere

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Un pavone di nome RITA - Previdenza complementare e proposte a perdere

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Pubblicato in previdenza_complementare · Giovedì 10 Lug 2025 · Tempo di lettura 3:45
Un pavone di nome RITA
Previdenza complementare e proposte a perdere

La vita di ciascuno è diversa da quella del vicino di scrivania, e le storie individuali sono le più disparate che si possano immaginare. Lungi da noi, quindi, escludere a priori che possa esistere un collega, un giorno, voglioso di avvalersi della RITA, Rendita Integrativa Temporanea Anticipata introdotta da 8 anni in Italia, e appena scoperta dalla CGIL che vorrebbe introdurla in Banca d’Italia.

Per farla semplice, la RITA è una misura pensata dal legislatore per sostenere chi ha perso il lavoro, per aggiungere un reddito all'eventuale indennità di disoccupazione o simili.
E' riservata a lavoratori iscritti al Fondo di Previdenza Complementare, che avvicinatisi all’età pensionabile possono trovarsi senza lavoro (o uscirne volontariamente) e decidere di utilizzare tutti o parte degli importi accantonati nel Fondo, destinati in realtà alla propria pensione, come forma di sostegno al reddito per il periodo mancante alla pensione di vecchiaia. La RITA vale fino a 5 anni (10 in caso di disoccupazione prolungata) purché si abbiano alle spalle 20 anni di versamenti contributivi.

Con tutto il rispetto per la CGIL (ma soprattutto per RITA), se si dedica un volantino a quello che viene spacciato per "uno strumento fondamentale per accompagnare con maggiore serenità e flessibilità il percorso verso il pensionamento" sarebbe il caso di far presente da subito, a tutti i colleghi post ‘93 che sono i potenziali “beneficiari”, che si tratta di una misura che azzera la retribuzione dalla Banca, e decurta sensibilmente l’importo del montante che genererà la pensione integrativa, al raggiungimento dei 67 anni.
Infatti, il montante del Fondo viene eroso dal dipendente per sostenersi in età lavorativa, e non viene più alimentato né dal TFR né dai contributi Banca, con una rilevante remissione dell’importo della pensione integrativa futura.

Ma c’è di peggio. Quando si scrivono le cose sotto “ispirazione” della Banca, bisognerebbe farsi furbi e camuffare la cosa. Il volantino CGIL invece, non pago di aver omesso la trascurabile inezia del carico per i colleghi (e quanto risparmia la Banca come minori contribuzioni), trova però il tempo di suggerire questa genialata:
questa opzione rappresenta oggi uno strumento rilevante… anche in connessione con i percorsi di prepensionamento volontario e con le misure di accompagnamento”.

Questo è francamente indecente. Il costo di qualunque misura di accompagnamento o prepensionamento, è sempre stato - e deve rimanere - a esclusivo carico dell’azienda, non certo del lavoratore che deve sacrificare una fetta rilevante della sua pensione!

La RITA (che non a caso è assimilabile all'APE sociale, misura a carico dello Stato mentre la RITA è a carico del lavoratore) può essere un'opzione “di estrema ratio” se per motivi personali si deve uscire qualche anno prima dalla Banca (ma già oggi chi si licenzia può togliere tutto il montante, rinunciando alla pensione), ma - come dire - RITA non è la soluzione al tema del miglioramento delle condizioni previdenziali dei post 93. Tantomeno lo è la CGIL.

Facciamo un esempio pratico:
Mario Rossi raggiunge un montante di 300.000 euro, gli mancano 5 anni dalla pensione di vecchiaia, decide di uscire prima, sacrificare metà montante da suddividere nei 5 anni, per vivere ogni anno con 30.000 euro lordi, tassati a un’aliquota ridotta.
Da subito la Banca smette di pagarlo e smette di versare contributi all’INPS e al Fondo. Al momento della pensione gli rimarranno 150.000 euro che daranno una pensione integrativa discretamente insignificante, alla quale si aggiungerà una altrettanto insignificante pensione INPS, avendo pure 5 anni in meno di contributi.

Questo solo per evidenziare che uno dei sindacati che da mesi scalpita per negoziare le misure di sostegno per le Filiali e gli scivoli per i colleghi, in realtà o non ha capito di cosa parla, o scalpita per fare un altro bel regalo a mamma Banca.
Roba da invocare la “rivolta sociale”, se non fosse che c'è il copyright.


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