Don Chisciotte o Don Abbondio
Pubblicato in orario_di_lavoro smartworking · Lunedì 17 Apr 2023 · 3:15
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Don Chisciotte o Don Abbondio?
Modello ibrido: i Capi tra coraggio, obbedienza e delegittimazione
Diciamola chiara, a dispetto dei professionisti del “volemose bene, mo’ ce parliamo noi, fidateve”.In tutte le strutture in cui non viene attuato il passaggio dai 10/100 ai 12/120, il lavoro da remoto non rimane fermo alla situazione di avvio del modello, ma ne viene ridotta la fruizione: nel 2022 (essendo partito da aprile) il limite annuale non agiva, e quindi i 10 giorni potevano essere fruiti in tutti i mesi. Nel 2023, invece, “morde” anche il limite annuale di 100 giorni, fatto che implica la riduzione della fruibilità mensile media a 8,3 giorni.In soldoni: per mantenere il livello di lavoro da remoto ai livelli del 2022, è necessario il passaggio ai 12/120 giorni, altrimenti si riducono i giorni mediamente disponibili nei singoli mesi.Un passo del gambero illogico e irragionevole, assurdamente in contrasto con i dati di fatto, straordinari in termini di efficienza, efficacia, coesione, responsabilità individuale, impatto sociale “green”, consumi, conciliazione vita-lavoro, e chi più ne ha più ne metta.La scorsa settimana scrivevamo del messaggio di sfiducia verso i Capi dei Servizi e delle Filiali, destinatari di tali e tante raccomandazioni da risultare offensivo e intimidatorio.Non sappiamo se il Vertice dell’Istituto abbia valutato fino in fondo l'impatto sulla credibilità dei c.d. responsabili delle strutture.Invece di dire: “il primo anno di lavoro da remoto è andato molto bene, quindi - in presenza delle condizioni x, y, z, richiamate negli accordi - potete dare corso ai 12/120 giorni”, li ha abbandonati all’alternativa secca tra essere Don Chisciotte o Don Abbondio.Da domani, ognuno potrà apprezzare il coraggio del proprio capo Don Chisciotte, che confidando nelle analisi condotte e nella responsabilità dei propri collaboratori coraggiosamente atterà l’estensione della fruizione ai 12-120 giorni, correndo il rischio di rendersi antipatico al Vertice (uscente).Oppure, ognuno dovrà rammaricarsi di avere per capo un Don Abbondio, che o non si fida di se stesso e delle proprie analisi, o non si fida dei suoi collaboratori, oppure più facilmente non vuole guai, e immagina che mostrarsi privo di spinadorsale gli farà guadagnare la benevolenza di un Vertice che scambia il merito con l’obbedienza ed è allergico al dissenso.C’è da chiedersi in che modo il Vertice creda davvero di poter far funzionare le strutture, se ognuno, dall’ultimo dei Vice Assistenti agli Esperti e ai Consiglieri, guardando il proprio Capo Servizio o Direttore di Filiale, vedesse materializzarsi - per dirla col Manzoni - “un animale senza artigli e senza zanne” che capisce “d’essere come un vaso di terracotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro”. Capi con zero credibilità, zero autorevolezza, zero autonomia concessagli dalle funzioni del personale e organizzativa. Don Abbondi che, messi alle strette, vi risponderanno “Noi poveri curati siamo tra l'incudine e il martello: voi impaziente; vi compatisco, povero giovane; e i superiori …. basta, non si può dir tutto. E noi siamo quegli che ne andiamo di mezzo.” Quanti, davvero, vorranno autocertificarsi burocrati, lautamente pagati per obbedire a input assurdi senza discutere?Chi vuole il bene dell’Istituto, non mette i responsabili delle strutture in una condizione del genere. D’altro canto, chi vuole il bene dell’Istituto, favorisce l’innovazione e apre le porte al futuro, invece di cercare di bloccarlo girando forsennatamente indietro le lancette dell’orologio. Qualcuno avvisi i Bravi (e l'Innominato) che si coprono solo di ridicolo.