Lo Smart Office in Banca - le modifiche striscianti all'organizzazione del lavoro

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Lo Smart Office in Banca - le modifiche striscianti all'organizzazione del lavoro

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Pubblicato in smartworking · Giovedì 05 Set 2024
Lo Smart Office in Banca
Le modifiche striscianti all'organizzazione del lavoro

Presupposto: il lavoro è cambiato, e con esso l’organizzazione del lavoro. Questione fondamentale: lo smart office  è un progetto che adatta gli spazi di lavoro in Banca alla nuova  organizzazione del lavoro, oppure è un fattore che altera  l’organizzazione del lavoro?
Perché nel primo caso regge la scusa che l’organizzazione degli spazi di  lavoro, se si rispettano i vincoli di legge, spetta al datore di lavoro  in autonomia e non è quindi soggetta a negoziati con i sindacati.
Nel secondo caso, invece no, la Banca non può fare come le pare.

Analizziamo intanto quello che emerge dai feedback di numerosi colleghi.

Partiamo dal fatto che la tendenza ormai irreversibile allo svolgimento di una pluralità di call quotidiane è l’elemento da cui partire quando si progettano spazi e logistica.
Gli stanzoni da 3/4 persone,  un tempo poco graditi ma ammissibili, oggi non sono più tollerabili in  contesti in cui le call si avvicendano l’una sull’altra.
Lo svolgimento del lavoro diviene infatti più complesso, per la difficoltà a concentrarsi quando le call le fanno gli altri, per la difficoltà a parlare/ascoltare in call in ambienti non silenziosi, per i maggiori rischi in termini di riservatezza,  salvo spostarsi col pc in altra stanza, che però è inefficiente e non  sempre fattibile, specie se va prenotata o magari è già occupata da  altri colleghi nella stessa situazione!

Con la nuova organizzazione inoltre, i colleghi di Divisione saranno dislocati in spazi  anche  lontani,  a  danno  della  decantata  “socializzazione”,  a favore dei contatti virtuali.

Lo smart office (che limiterà le stanze singole a pochi eletti, ndr) accentuerà immancabilmente la competizione per accaparrarsi i posti migliori e l'uso delle silent room; costituirà un fattore di stress rilevante e quotidiano, sia per l’assenza di una “propria” scrivania, sia per il fatto che la variabilità dei colleghi di  stanza comporta l’impossibilità di organizzarsi con tempistiche  efficienti e individuare reciproci momenti di maggiore riservatezza.
Inoltre, cambiando stanza e  colleghi, spesso con esigenze diverse, andranno ogni volta rinegoziati  aspetti quali il livello di riscaldamento o aria condizionata, altezza  delle tapparelle, accensione luci … non è efficiente, dover, ogni giorno, rinegoziare il proprio benessere lavorativo.

Altri elementi critici erano poi evidenti già in partenza:
  • il proprio pc e il materiale di lavoro non potrà più essere lasciato sulla scrivania;
  • si troverà ogni giorno un diverso assetto ergonomico della postazione (altezza/inclinazione  della sedia, regolazione dei monitor come altezza/luminosità/distanza),  con il rischio che - per un solo giorno - si rinunci a correggerla, con  ricadute alla lunga in termini di SSL;
  • è lecito nutrire dubbi sulla sanificazione quotidiana di tastiere e mouse, che verosimilmente rimarranno fisse e quindi veicolo di germi

Ciò si aggiunge a oneri e incombenze sempre nuovi: è un giorno di lavoro in presenza? Devi prenotare. Cambi all’ultimo minuto? Devi prenotare. Pensi di aver bisogno di una silent room per concentrarti? Devi prenotare. Troverai posto? Lo scoprirai solo prenotando.

Si torna così alla domanda di partenza: lo smart office deve  “tradurre” sul piano logistico le norme negoziate sul lavoro da remoto, o  è un “grimaldello” per alterarle in via unilaterale, dietro il solito  “paravento ambientalista”?
La Banca ha definito i nuovi spazi in base a un numero molto ridotto di scrivanie rispetto agli organici, cosa che può appesantire le relazioni interpersonali e impatta in modo negativo sul benessere e sui diritti dei colleghi.
Leggiamo sui social aziendali che, dove è già stata  sperimentata la “scrivania mobile” e la prenotazione, i risultati sono  stati piuttosto problematici: l’app andava in blocco, o non tracciava le reali prenotazioni, o comunque i colleghi si sono dovuti "adattare" alle giornate di presenza altrui per  avere certezza di trovare una scrivania, comprimendo così la libertà  individuale nella scelta dei giorni di lavoro da remoto.

Tutto  ciò spinge la questione “smart office” fuori dal perimetro sacro  dell’intoccabilità di ciò che è riservato alla potestà esclusiva della  Banca.
D’altro canto, poiché la Banca si dice sempre tanto attenta al “benessere” dei colleghi sul lavoro, potrebbe ben cogliere l’occasione per avviare preventivamente un sondaggio serio (e anonimo) sul tema smart office e sul gradimento dell’iniziativa prospettata. Sarebbe un modo per capire come correggere un’impostazione che deve essere di aiuto per il personale e l’azienda, e non un dogma insondabile cui conformarsi.
Alla  luce anche delle risultanze del sondaggio, in un mondo normale si  tornerebbe a confrontarsi con le Organizzazioni rappresentative del  personale. In un mondo normale.


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