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Cosa diremo al Governatore

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Pubblicato in varie · Lunedì 11 Mar 2024
Cosa diremo al Governatore
Inquadramenti, rete territoriale, orari di lavoro
Più rispetto per il personale, più fiducia nel Sindacato

A una settimana dagli incontri delle Organizzazioni sindacali con il nuovo Governatore, pensiamo che - siccome la trasparenza è un tratto distintivo della nostra attività - sia giusto condividere con ciascuno di voi quello che diremo in quella sede.

E’ infatti un passaggio che non riteniamo di utilizzare per saluti e auguri di rito, ma per cercare di “ingaggiare” il Governatore in un percorso di rinascita della Banca, del senso di un'Istituzione coesa in cui tutti marciano verso obiettivi trasparenti e comuni.

La coesione è il tema dei temi.  Non sfuggirà a nessuno che la frammentazione del personale in gruppi di  interessi diversi e talvolta in conflitto tra loro può forse produrre  nel breve termine un vantaggio per l’Amministrazione, indebolendo  l’interlocuzione sindacale, ma di certo mina la saldezza e il senso di  appartenenza nell’Istituzione.

Probabilmente tutti i temi più complessi che ci attendono nei prossimi mesi risultano tali proprio per effetto di anni di scientifica segmentazione del personale.
Per   superare   questa   situazione,  la   prima   proposta   che   facciamo  è “condividere”:  dal Direttorio della Banca d’Italia ci aspettiamo un cambiamento di  rotta rispetto al verticismo insondabile, a decisioni strategiche calate  dall’alto, a tattiche di furba alimentazione di contrapposizioni tra  sindacati (che ci mettono del loro…).
Ci aspettiamo una consapevolezza nuova che solo camminando insieme si può andare lontano.

Camminare insieme significa condividere la strategia, a partire da quella sul personale.
Occorre  modernizzare la Banca, giusto? Bene: quale personale immaginiamo per la  Banca del futuro? Quale composizione generazionale? Quale stimolo  motivazionale? Quale valore dato alla formazione di ciascuno?

I sistemi di inquadramento del personale operativo e manageriale sono inadeguati a  rispondere a sfide di alto livello che immaginiamo il Direttorio voglia  intraprendere. L’uno risalente agli anni Ottanta dello scorso secolo  (!), quando in Banca si entrava pure con la terza media, l’altro che  subordina la coesione alla sudditanza verso “capi” dotati di poteri  assoluti e arbitrari, sia sulle prospettive di carriera dei sottoposti,  sia sulle loro buste paga.

Ripensare le carriere è quindi il primo passo necessario. Partire dal “contratto unico”,  che superi la divisione in due del regolamento del personale  -  dimostrazione plastica dell’assenza di coesione e di spirito unitario  del personale. Riattivare l’ascensore sociale, bloccato per migliaia di colleghi, salvo pochi prescelti. Valorizzare tutto il personale,  i percorsi di studio e lavorativi pregressi all’assunzione in Banca,  che danno lustro all’Istituto e contribuiscono a preservarne  l’eccellenza.

Le carriere sono solo uno degli strumenti necessari se davvero si vuole modernizzare l’Istituto.
La sofferenza del personale e delle strutture territoriali impongono un’analisi seria sull’articolazione della rete, che parta da un presupposto: la presenza della Banca d’Italia è un valore aggiunto in tutte le comunità. Quella presenza va valorizzata, anche nei confronti dei cittadini, abbandonando una miope logica di solo risparmio e contenimento delle spese.  E va valorizzata nei confronti dei colleghi che incarnano la Banca  anche in realtà difficili, guadagnandosi il rispetto per tutto  l’Istituto, e che meritano di avere una prospettiva certa del proprio futuro lavorativo. Anche qui, il tema è quale presenza, con quale personale, quale composizione di organici e generazionale.
Ogni decisione, anche in questo caso, può arrivare “calata dall’alto”, o passare per un confronto preventivo e aperto con il sindacato.

Questo è l’altro aspetto che riteniamo fondamentale sottolineare al nuovo Governatore: i  sindacati - per lo meno, alcuni sindacati - sanno dare un contributo positivo allo sviluppo della Banca.
Non bisogna sempre piangersi addosso: ci sono state due riforme  di grande portata negli ultimi anni in cui l’apporto di idee, di  argomenti e di intelligenze da parte dei rappresentanti del personale è  stato decisivo.
Il welfare aziendale, con gli accordi 2018 e 2019, e quello che speriamo di chiudere mercoledì.
Il nuovo modello ibrido di lavoro,  invidiato a livello europeo e la cui impostazione è stata quasi  rivoluzionata dal tavolo sindacale, rispetto alle proposte iniziali  dell’Amministrazione. Modello, però, che ancora oggi sconta la macchia  di un’applicazione che esclude fasce importanti di personale, senza che di tali limitazioni si tenga conto in termini anche economici.

Un quadro normativo, quello sul lavoro da remoto, che andrebbe quindi completato da una revisione organica del tema “orario di lavoro”.
Questo tema è rimasto da un decennio fermo, e mostra oggi rigidità del tutto incongrue con  un modello di lavoro che potrebbe essere più moderno, che può però  esprimersi come tale soltanto “da remoto” rispetto alle sedi di Banca.
Su questo aspetto la Banca avrebbe la possibilità di tracciare un sentiero di innovazione, in termini di orario complessivo, di numero di giorni lavorativi, di flessibilità delle prestazioni.  In un contesto in cui spesso si chiede flessibilità e orientamento al  risultato, è necessario che questi principi siano alla base di un  sistema gestionale complessivo.

C’è molto da lavorare, e noi siamo pronti a rimboccarci le maniche. Un confronto serio è necessario e utile a tutti, se tutti lo affronteremo senza preconcetti e pregiudiziali, che non siano il rispetto per chi lavora, per l’Istituzione e per il servizio alla comunità nazionale.


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