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. Il futuro non è una strada a doppio senso

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Pubblicato in relazioni sindacali · Martedì 04 Lug 2023
Evoluzione del mondo del lavoro
Il futuro non è una strada a doppio senso

 1. Dove va il mondo, dove va l'Italia    
Per capire dove va il mondo, e dove va la Banca d’Italia, è sufficiente analizzare i temi spinosi della modalità di lavoro e del tempo di lavoro.

Il mondo e l’Italia vanno in una direzione ben precisa.
Uno: conta il lavoro e non dove lo si fa.
Due: conta il lavoro e non la pretesa di distribuirlo per forza su cinque giorni a settimana, aventi stesso orario e stesso tutto.
Una rivoluzione, no? La possibilità di  liberare tempo, o giornate dal lavoro e migliorare così le condizioni  dei lavoratori era già nel pensiero di Marcuse, filosofo di scuola marxista quasi un secolo fa. Lo attua oggi, fra gli altri in giro per il mondo, anche il governo Meloni, di natura conservatore: “il governo spinge su smart working e settimana corta”, scrive pure Repubblica.

  2. Il Piano del governo per ridurre le emissioni    

Infatti, nel “Piano Nazionale per l’Energia e il Clima”  che il governo ha presentato a Bruxelles per ridurre le emissioni, si  prevede “un cambiamento delle nostre abitudini di lavoro, come una  accelerazione sullo smart working e la settimana corta”.
Per raggiungere i target europei – sottolinea la relazione governativa – “sarà necessario avviare da subito una significativa riduzione delle emissioni pari a oltre il 30% rispetto  ai livelli del 2021”, a partire dal settore del terziario, in cui è  quindi d’obbligo un cambiamento nelle modalità di lavoro. “Occorrerà  incentivare con maggiore forza misure tese a ridurre la necessità di spostamento con politiche di favore per smart working e valutare la riduzione delle giornate lavorative a parità di ore lavorate”, sottolinea il governo. “Occorrerà altresì un utilizzo pieno della digitalizzazione del Paese e della conseguente riduzione di spostamenti fisici, oltre alla promozione della mobilità dolce e degli strumenti per la pianificazione della mobilità”.

  3. Dove va la Banca d'Italia    

Fin qui l’Europa e l’Italia. Ma attenzione a varcare il portone di Palazzo Koch: si precipita nel mondo alla rovescia.
Settimana corta? Vietato parlarne (tranne a Banconote,  dove si possono fare cose sconosciute al resto dell’Istituto, dal  lavoro su quattro giorni a settimana a un premio produttivo aggiuntivo  per tutti e non proporzionale allo stipendio individuale).
Lavoro da remoto? Cercare di attuare il meno possibile di  quell’accordo maledettissimo, che certi sindacati ci hanno convinto a  firmare, ma che pure Brunetta ci aveva detto di non fare.
Rispettare le norme? Anche no, basta inventarsi delle circolari che contraddicono gli accordi, e soprattutto grazie alla complicità di soggetti tra i più incredibili della storia.

 4. Grandi manager... ma privi di favella    

Davvero, se guardassero le buste paga dei tanti nostri grandi manager, da fuori penserebbero che siano pagati in modo così sostanzioso per remunerare le responsabilità che devono assumersi. E invece no!
La retribuzione a certi livelli sembra sempre più commisurata alle responsabilità che si accetta di non assumersi. Ai poteri che si abdicano. Ai diritti che si calpestano, perché a qualcuno piace che questo avvenga. Alla stralunata considerazione del lavoro delle segreterie,  che in Banca oscillano tra i "12 giorni/mese" e "scarsi  rimasugli/anno", in base alla vicinanza al Sole della struttura dove si  opera. E anche, non dimentichiamolo mai, alla figura “non aggettivabile”  che accettano di fare, fingendosi privi di favella (o di autonomia intellettiva?) davanti a richieste di buon senso per l’attivazione di tutte le norme che il regolamento del personale prevederebbe.

  5. Non possiamo aspettare il nuovo Governatore  

Una divaricazione così netta tra chi si  muove in avanti e chi guarda nostalgico all’indietro desta sorpresa, ma  anche preoccupazione.
Alla fine, le corde si spezzano, e l’unità del personale, che è patrimonio essenziale dell’Istituto, potrebbe finire a gambe per aria.
Solo  una visione più moderna e priva di pregiudizi, insieme a una gestione  più condivisa può riportare la Banca d’Italia sui giusti binari.
Davvero dobbiamo aspettare il nuovo Governatore?
Noi  siamo convinti che non ci sia tempo da perdere. Il futuro non aspetta, e  i tanti colleghi vincitori di concorso che rinunciano all'assunzione  perché stiamo finendo indietro rispetto ai competitor privati, anche sul  piano della flessibilità della prestazione lavorativa, ne è palmare  evidenza.



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