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Pubblicato in previdenza_complementare · Venerdì 12 Mag 2023
Tags: previdenza_complementare
Previdenza Post93 Rispettare gli impegni



Un’Organizzazione ieri ha giustamente  ricordato il tema da tempo “dormiente” del trattamento previdenziale del  personale, più o meno giovane, suddiviso - così viene scritto - in “due  trattamenti pensionistici completamente diversi e legati alla data  d’assunzione, generando due categorie di persone: i pre93 e i post93”.
A essere completi, i trattamenti pensionistici esistenti sono tre: i pre93, i post 93 aderenti al Fondo Complementare e i post 93 che optarono per l’IFR, rinunciando al Fondo Complementare, quando questa possibilità era ammessa.
Dopo molti anni dall'istituzione del Fondo, fermarsi significherebbe rinunciare a un principio di equità, equilibrio e non discriminazione all'interno del personale.
Ciò è tanto più vero alla luce degli  impatti che - nel corso degli anni - possono avere sui post93 (e solo  sui post 93!) i rovesci sul piano della situazione economica globale, in  grado di colpire non solo la “parte Fondo” (con rendimenti negativi dei comparti), ma anche il valore della “parte INPS” della nostra pensione, calcolata  su montanti individuali, ossia sulla somma dei contributi versati nel  corso degli anni lavorati, rivalutati per legge con un “tasso di  capitalizzazione”, che scaturisce dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo nominale (PIL).
Capite facilmente quanto sia importante migliorare "dall'interno" i trattamenti del personale post93!



Sono la categoria più svantaggiata di tutte per il trattamento pensionistico complessivo (a parte la liquidazione, rimarrà loro la sola pensione mensile INPS, verosimilmente pari a... la metà dello stipendio!).
Lo sono perché il loro trattamento pensionistico complessivo, dopo il momento dell'adesione all'IFR in alternativa al Fondo, non ha ricevuto nessuna miglioria nel corso dei decenni (come invece, sia pure faticosamente, il Fondo Complementare).
Lo sono perché la Banca fa discendere dalla  mancata corresponsione di trattamenti pensionistici aziendali  conseguenze molto gravi, come l’esclusione dalla copertura sanitaria obbligatoria una volta in pensione.
Un’esclusione che nasce dall’applicazione  di norme preesistenti all’attuale sistema previdenziale e all’opzione di  scelta Fondo-IFR e delle quali l’Amministrazione nulla comunicò a chi optava per l’IFR, per permettergli di compiere una scelta consapevole.
In mancanza di informazioni essenziali, il trattamento frutto di quella scelta appare vieppiù discriminatorio.



Resta per noi impossibile, in una logica di equità di trattamento, essere indifferenti al fatto che si sia creata una differenza tra le somme che la Banca spende tra aderenti e non al Fondo, se questa differenza si è formata dopo la libera adesione (compresa la lump sum).
E, in riferimento alla vicenda indecorosa dell'esclusione dalla copertura sanitaria, questa cosa non l’ha rivelata la Banca, né l’ha scoperta Le Monde: lo ha fatto il SIBC.
Sempre il SIBC impose, due anni fa, che venisse sottoscritta dalla Banca la seguente dichiarazione a verbale: “Le parti si danno atto che nel corso dei lavori, anche in sede tecnica, per la predisposizione del nuovo accordo per la copertura sanitaria, sono emersi elementi che meritano di essere approfonditi in un apposito confronto, segnatamente:1) il trattamento dopo la cessazione dal servizio del personale assunto a far data dal 28.4.1993 che non abbia aderito al Fondo pensione complementare; 2) le modalità di recepimento nell’ordinamento regolamentare interno dell’istituto della convivenza”.
A due anni di distanza, gli “elementi che meritano di essere approfonditi in un apposito confronto” sono ancora in attesa che la Banca sia coerente con gli impegni che assume.
E’ quindi ora di affrontare un confronto complessivo sulla questione dei colleghi rimasti nel "comparto IFR”.



I "post93 aderenti al Fondo” non avranno la liquidazione, e la pensione non si avvicinerà affatto all’ultimo stipendio, ossia a quella che la Banca riconosce ai pre93, nonostante l’integrazione del Fondo Complementare, cui tra l'altro contribuiscono con quote della propria retribuzione.
La categoria ha indubbiamente beneficiato nel corso di due decenni dall’istituzione del Fondo di miglioramenti rilevanti: il contributo Banca era del 2% in origine, è passato al 7,5% massimo; ma sempre previa contribuzione mensile, obbligatoria e significativa del dipendente, ed è stata introdotta la “mini-liquidazione” (Lump Sum) pari a circa un’annualità retributiva.
E tuttavia, indubbiamente stiamo parlando di un elemento di criticità e discriminazione nel trattamento retributivo complessivo del personale, tanto più rilevante ora che i “post93” rappresentano la larga maggioranza del personale.



Anche qui, la via per una soluzione sarebbe già tracciata nelle dichiarazioni a verbale di recenti accordi sindacali:
“I Sindacati firmatari del presente accordo dichiarano che l’introduzione dell’istituto della Lump Sum realizzato nel 2017 e successivamente integrato dal presente accordo, rappresenta un primo passo in direzione dell’equità intergenerazionale e non esaurisce la necessità di procedere a progressivi miglioramenti al fine di avvicinare quanto più possibile i diversi trattamenti presenti all’interno della Banca.
Nel prosieguo dei negoziati intendono pertanto:
- incrementare il coefficiente di trasformazione (attualmente fissato allo 0.03) al fine di garantire trattamenti almeno pari a quelli previsti dall’art. 20 R.T.Q. all’atto della cessazione;
- ridefinire il meccanismo di finanziamento della lump sum prevedendo interventi a completo carico della Banca per garantire equità, sostenibilità e certezza economica e finanziaria nel lungo periodo”.

§§§
Come si vede, per tutte le categorie si tratta di temi rilevanti, aspetti di discriminazione da sanare, impegni da rispettare. Noi ci siamo, ma la Banca dov’è?

 
 


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